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Lusso e non profit: gli opposti che si attraggono

Uno dei nostri primati: tra le cento principali aziende dei settori moda e lusso nel mondo, 24 sono imprese dello Stivale[1].

Ad oggi, il comparto del mercato del lusso italiano genera 88 miliardi di euro e impiega 600.000 persone.


E il non profit?

In Italia contiamo 350.000 enti non profit che generano 80 miliardi di euro e impiegano 845.000 persone. Il settore continua a espandersi con tassi di crescita medi annui superiori a quelli che si rilevano per le imprese orientate al mercato, in termini sia di numero di imprese che di dipendenti[2].

Simili sia nel valore economico che in quello di personale impiegato, settore profit e non profit, si distinguono nello spirito.

Gli enti non profit esistono per rispondere alle esigenze primarie di cura, tutela, difesa e progresso a cui tutti abbiamo diritto.

Le società del lusso invece lavorano per creare beni di costosa eleganza, raffinatezza e unicità, non accessibili a tutti. Perlopiù sono marchi conosciuti in tutto il mondo, con una forte identità di brand e a cui spesso le altre imprese di si ispirano.



Negli ultimi anni le società del lusso hanno iniziato a dedicare tempo ed energie anche alla responsabilità sociale, soprattutto in termini di tutela dei diritti umani e dei lavoratori e produzione eco-sostenibile. Ma non solo. Oggi infatti valutiamo un’impresa anche dal suo impegno nel sociale e nella difesa dell’ambiente, andando oltre le performance di mercato. È anche per questo che sui siti di web di tutti i maggiori marchi troviamo un’area dedicata all’impegno sociale.


Alcune società del settore lusso hanno fondato un proprio ente non profit, per dare vita in modo indipendente ad iniziative di interesse sociale e culturale in linea con la visione d’impresa: Fondazione Trussardi, Fondazione Cucinelli, Fondazione Prada, Louis Vuitton Foundation, Museo e Fondazione Ferragamo.


Altre hanno deciso di affiancare enti già esistenti per supportare progetti sociali.

Tra le ultime grandi partnership ricordiamo Luxottica e Fondazione OneSight per la giornata mondiale della vista; Giorgio Armani sostiene la Pinacoteca di Brera e ha partecipato al restauro di alcuni beni del Fondo Ambiente Italiano; Aldo Coppola ha appena ospitato nel suo salone di parrucchiere a Milano Il Balzo Onlus, per garantire i percorsi educativi ai bambini con autismo; Lamborghini ha concentrato la propria strategia sul territorio, sostenendo il Teatro comunale di Bologna.


Quali sono i benefici che ogni parte trae da questo tipo di collaborazioni?

Per le non profit c’è un aspetto legato alla visibilità oltre quello economico: le notizie viaggiano più veloci se trainate dal nome di un brand famoso. I progetti sociali salgono su un palcoscenico che fino ad ora hanno sbirciato dall’ultima fila della platea. Il lusso rende tutto più luccicoso e ammirevole.

Lo scambio di know how e di esperienze tra parte profit e non profit arricchisce equamente.


Le società del lusso dal canto loro, riescono ad avvicinarsi e a toccare fatiche, lotte e vittorie che fino a poco tempo fa erano deputate solo agli “operatori del sociale”. Spesso ne rimangono ammaliati e non di rado il rapporto si fa duraturo nel tempo, soprattutto se il personale è stato coinvolto attraverso progetti di volontariato d’impresa o di team building.


Le società del lusso assumono un volto umano e le sentiamo tutti più vicine. Rigirando la medaglia vediamo che il non profit ha acquisito la notorietà che si merita grazie a queste collaborazioni.


Quando due mondi si attraggono danno corpo ad un cerchio perfetto.


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