top of page

Stakeholder engagement tra evoluzione e rivoluzione

CSRnative

Nativi e pionieri della responsabilità sociale d’impresa si sono confrontati al Salone della CSR e dell’innovazione sociale


Il 30 settembre 2020 si è tenuto presso il Salone della CSR e dell’innovazione sociale, il panel tra nativi e pionieri della responsabilità sociale d’impresa, che ha avuto come protagonisti due generazioni diverse di cultori della sostenibilità in azienda.

La registrazione dell'evento


Il confronto, incentrato sul tema dello stakeholder engagement, è stato inserito nella sezione Fuori Percorso data la trasversalità degli argomenti trattati, e ha visto la partecipazione di tre affermati professionisti Eleonora Pessina (Gruppo Pirelli), Lucia Silva (Assicurazioni Generali), Filippo Bocchi (Gruppo Hera) e tre giovani rappresentanti del network CSRnatives: Livia Papi, Pietro Marchesano e Giovanni Martoccia.



La prima parte della conversazione ha riguardato la revisione critica del percorso compiuto dalla responsabilità sociale di impresa e dall’engagement con gli stakeholder in questi ultimi venti anni. Un punto chiave emerso a più riprese è stata l’importanza storica e prospettica di iniziative multistakeholder. In tal senso, il 2015 è stato un anno fondamentale, grazie alla pubblicazione dell’Enciclica Laudato Si, alla firma dell’Accordo di Parigi e alla transizione dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. La seconda parte ha voluto invece concentrarsi sulla loro evoluzione futura, cercando di stabilire cosa debba essere salvaguardato e innovato dell’esperienza dei pionieri.


I nativi hanno colto gli spunti offerti dal dibattito per portare una prospettiva nuova circa lo sviluppo dello stakeholder engagement e della responsabilità sociale d’impresa in senso lato.


In particolare, Livia ha evidenziato come la discussione sul pilastro sociale del principio di sviluppo sostenibile sia ancora indietro, nonostante gli enormi progressi degli ultimi vent’anni, avvenuti sia nell'ambito delle grandi corporation che di organismi internazionali, grazie anche alla formalizzazione di alcuni elementi di soft law inerenti alla responsabilità sociale d’impresa. Di fatto, rispetto ad un crescendo nel dibattito pubblico sulla crisi ambientale, non si può certo affermare che l'aspetto sociale della sostenibilità goda della stessa urgenza nelle agende politiche e nelle strategie a medio e lungo termine. Ed ora che anche il mondo della finanza ha riconosciuto come indispensabili i fattori ESG nella valutazione del rischio, non ci sono più dubbi circa la validità di argomentazioni che tuttavia popolano le comunità scientifiche e le agende ONU da ben più di qualche decennio.


Secondo Livia, per accelerare questo progresso in tutti e tre i pillar dello sviluppo sostenibile, si farà sempre più affidamento sulle partnership tra pubblico e privato (PPPs), in particolare tra le università, centri di ricerca e aziende, per creare così una cultura condivisa dello sviluppo sostenibile che non rimanga quindi un’esclusiva dell’accademia ma che si diffonda in tutte le aree strategiche del business, soprattutto grazie ai futuri professionisti che avranno visto integrare nel loro percorso nozioni di sostenibilità.


L’intervento di Pietro si è concentrato dapprima sulla rendicontazione di sostenibilità, per poi spostarsi sul significato oggi della Stakeholder Theory formulata da R.E. Freeman nel 1984.


Circa la rendicontazione di sostenibilità, ritiene che debba continuare a giocare quel ruolo di aggiornamento e promozione di comportamenti virtuosi che ha permesso una sempre maggior accountability e favorito una positiva pressione dei pari all’interno di ogni settore. Tuttavia, reputa necessario un drastico cambio di narrazione. Auspica un approccio più numerico, per meglio quantificare gli impatti dell’agire aziendale sugli stakeholder, e individua in ampie collaborazioni col mondo dell’università e della ricerca l’unica modalità per farlo in maniera credibile, in accordo con la posizione di Livia.


L’apertura all’esterno rappresenta la chiave di volta anche della sua reinterpretazione della Stakeholder Theory. A suo avviso, nonostante per le aziende sia indispensabile classificare i propri portatori di interesse e procedere per priorità, occorre riconoscere che nelle odierne società occidentali esistono fenomeni trasversali – disuguaglianze, diversità, clima... virus – che moltiplicano esponenzialmente il numero e tipo di stakeholder. Per gestire l’incertezza che ne deriva è necessario monitorare costantemente anche la realtà lontana e la partecipazione a iniziative con altri attori aziendali e non permette di farlo al meglio. In fondo, sostiene Pietro, lo stakeholder engagement è uno sport di contatto.


Nonostante siano emersi chiari elementi di accordo tra i relatori, non è facile prevedere come evolverà davvero la responsabilità sociale d’impresa e il rapporto con i portatori di interesse. In ogni caso, il clima positivo che si è respirato nel dibattito suggerisce che una genuina volontà di trarre lezioni dal passato e guardare con coraggio e spirito innovativo al futuro caratterizza in modo eguale nativi e pionieri. E forse questo è l’unica cosa che conta, oggi.


Comments


bottom of page