Intervista a Silvia De Aloe, Presidente Dialogica Lab
Dialogica Lab nasce nel 2006 da un gruppo di giovani psicologi mossi dalla missione di portare un nuovo paradigma scientifico all’interno delle politiche e dei servizi sociali. Si definiscono “architetti di sostenibilità” osservando in modo scientifico le interazioni che caratterizzano una certa porzione di comunità (territoriale, digitale, organizzativa), accompagnano i policy maker a costruire e gestire interventi sostenibili nella misura in cui diffondono nella comunità competenze di gestione delle criticità che la attraversano.

L’impegno nei confronti delle nuove generazioni per essere efficace deve essere estremamente concreto. Quali sono le difficoltà che riscontrate?
Nell’ambito del welfare l’approccio ai giovani risente spesso della logica del “bisognoso da aiutare” che ancora pervade molto il sistema dei servizi. Così le politiche giovanili diventano politiche per i giovani come soggetti da tutelare o portatori di disagi, che necessitano di psicologi, di tutor, di spazi aggregativi che poi magari rimangono vuoti perché i giovani per cui erano stati costruiti vanno altrove o peggio li vandalizzano. In questo modo si passivizzano i giovani e si rischia di spendere risorse per l’insostenibilità. Anche in questo caso allora, per essere concreti dobbiamo in primis essere portatori di una visione: piuttosto che considerare i giovani una «categoria sociologica», uniforme e con caratteristiche simili dovute all’età, partiamo da una lettura dei diversi ruoli che i giovani ricoprono nella comunità di cui fanno parte, degli ostacoli al ricoprirli e delle possibilità di essere risorse per lo sviluppo e il cambiamento.
Ci racconteresti un progetto rivolto ai giovani a cui state lavorando?
Su questa idea di protagonismo giovanile come sistema che incrementa le opportunità per i cittadini più giovani di contribuire a costruire il proprio percorso e ad essere agenti di coesione, ci stiamo muovendo su due dimensioni: la prima coinvolge l’intera area della provincia di Milano, grazie al nostro ruolo di gestori, insieme con l’impresa sociale Spazio Giovani, dell’Osservatorio delle Politiche Giovanili di Città Metropolitana. Come Osservatorio stiamo sostenendo i ruoli politici e tecnici degli Enti pubblici e del privato sociale di numerosi territori per aiutarli a mettere a terra politiche sovra locali e integrate di promozione del protagonismo giovanile, che facciano dialogare gli ambiti del sociale, istruzione, lavoro, abitare, mobilità, riducendo la frammentazione degli interventi.
L’altra dimensione è invece quella più progettuale e di sperimentazione che ci vede partner di una cordata di Comuni e imprese sociali dell’est di Milano, per la realizzazione di un progetto finanziato dal Bando regionale “La Lombardia è dei Giovani”. Il progetto, dal titolo “Autori del territorio”, prevede da un lato di far entrare i giovani stabilmente e non sporadicamente in un processo di governance delle politiche che li riguardano trasformando l’informalità dell’ascolto in una strategia sistematica di coinvolgimento. Dall’altro lato si propone di rompere le barriere tra giovani, realtà territoriali di volontariato sociale e culturale e mondo scolastico, co costruendo con gli enti e i giovani stessi un “catalogo” delle opportunità esperienziali da poter diffondere sul territorio e consolidando modelli di qualità delle esperienze di orientamento e avvicinamento a contesti produttivi. Così le criticità ed i bisogni, dei giovani di formarsi e dell’associazionismo di gestire il ricambio generazionale, diventano risorse per promuovere coesione.

Il tema della misurazione: calcolare gli impatti generati da azioni di sostenibilità spesso è complicato, in particolare quando si parla di sociale. Ci potresti spiegare il vostro metodo attraverso qualche esempio?
Tutto quello che ho provato a raccontare sopra perde di valore se non riusciamo poi ad attestare che qualcosa è cambiato nella vita di una comunità e delle persone coinvolte e, soprattutto, se il valore generato si disperde a conclusione del progetto. Da questo punto di vista il numero di iniziative fatte, il numero di giovani coinvolti, o quelli che hanno trovato un’occupazione grazie ad una certa iniziativa, possono essere degli output utili da raccogliere. Ma non ci dicono se quella comunità a fine progetto interagisce in modo migliore, o se è cresciuto il protagonismo dei giovani. Quindi l’azienda potrebbe avere aumentato il numero di giovani con ruolo di project manager ma, ad esempio, non aver modificato i modelli organizzativi prestazionali che generano burn out e colpevolizzazioni rispetto agli errori. In questi termini l’iniziativa lodevole di valorizzazione dei giovani diventa non sostenibile perché non sostenuta dalla cultura organizzativa vigente. Cosa valutiamo quindi? I nostri riferimenti scientifici ci consentono di attribuire un peso dialogico alle interazioni (come fa la chimica con gli elementi) rispetto a quanto sono generative di cambiamento o viceversa volte a cristallizzare lo status quo. Così ancora prima che un progetto venga avviato abbiamo una fotografia del suo impatto potenziale.

Ci potresti fare un esempio?
Ad esempio in un progetto volto a costruire una comunità educante per il contrasto alla dispersione scolastica, rilevammo fin da subito un basso livello di impatto potenziale, soprattutto riguardo il target degli esperti. Questo ci permise così di intervenire insieme ai partner di progetto con una serie di azioni come l’introduzione di più occasioni di team building per cercare di incrementare l’impatto futuro. Il benchmark iniziale ci consente quindi a fine progetto non solo di misurare se è stato utile a promuovere uno scarto nell’uso delle risorse verso la coesione e la corresponsabilità ma anche se questo scarto è tale da consentire di mantenere il patrimonio di competenze generato e di continuare a renderlo disponibile per la comunità. Oggi è la dispersione del potenziale dei giovani ma, in base al contesto e al variare delle criticità, domani potrebbe essere un’emergenza ambientale o la violenza di genere. Così misurare l’intangibile delle interazioni ed accrescerne il potenziale diventa il fondamento di qualunque sostenibilità futura.
Intervista tratta dall'eBook "Il valore dei giovani: quando le organizzazioni credono nelle nuove generazioni", per leggere tutte le altre esperienze raccolte nell'eBook clicca qui
Comments