“Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze.”
– Kostantin Kavafis
IT.A.CÀ migranti e viaggiatori | festival del turismo responsabile è il primo e unico festival di turismo responsabile in Italia, nato nel 2009, e ormai attivo in 16 regioni italiane. Abbiamo incontrato Sonia Bregoli, una delle fondatrici e responsabile business development del festival, per raccontarci la sua storia.
Ciao Sonia, raccontaci di te e dei fondatori del festival
Insieme a Pierluigi Musarò, Damian Castro e Simona Zedda facciamo parte dell’associazione YODA, l’associazione da cui nasce il progetto del festival nel 2009. YODA è un’associazione di promozione sociale, nata a Bologna nel 1998, che si è sempre occupata di cooperazione internazionale. Nasce organizzando campi di volontariato in paesi in via di sviluppo affiancando ONG in progetti internazionali come a Cuba, in Sud America, nei campi profughi Saharawi, in Palestina, in Mozambico, in Romania ecc. I campi di volontariato sono occasioni di incontro e di scambio con le comunità locali, durante i quali i volontari si mettono in gioco per rivedere le proprie convinzioni, per conoscere e capire la realtà dei fatti, senza i filtri imposti dalla società occidentale.
Com’è nato il festival e cosa rappresenta?
Il festival IT.A.CÀ nasce dall’idea di trovare nuove formule di viaggio. Non solo di trovarle, ma anche di sensibilizzare i territori attraverso la creazione delle reti locali con lo scopo di riflettere sui temi legati alla sostenibilità, al turismo responsabile e accessibile con l’idea non soltanto di promuovere l’itinerario, la biciclettata, il cammino o il singolo evento in sé, ma di co-progettare insieme alle reti locali proprio per capire come portare determinate buone pratiche. Da questi valori nasce IT.A.CÀ. Da oltre dieci anni, attraverso centinaia di eventi sparsi sul territorio nazionale, il Festival invita a riflettere, in chiave critica, sul concetto di viaggio e ospitalità, sulle migrazioni e la cittadinanza globale, sulle disuguaglianze e lo sviluppo. In maniera creativa promuove una nuova etica del turismo volta a sensibilizzare le istituzioni, i viaggiatori, l’industria e gli operatori turistici per uno sviluppo sostenibile e socialmente responsabile dei territori.
Per maggiori informazioni, comunque, consiglio un approfondimento del manifesto.
Perché “IT.A.CÀ migranti e viaggiatori | festival del turismo responsabile” come nome del festival?
Una delle motivazioni che stanno dietro alla scelta di questo nome risiede proprio in Itaca, l’isola per antonomasia del più grande viaggiatore della nostra cultura mediterranea: Ulisse, che per tornarci ha percorso un viaggio lungo dieci anni carico di insidie e avventure.
Inoltre, it a cà in dialetto bolognese vuol dire “sei a casa?”. Abbiamo voluto quindi riprendere il concetto di “sei a casa” e legarlo al viaggio dietro casa; non c’è bisogno di andare dall’altra parte del mondo per viaggiare, anche stando a casa si può benissimo viaggiare riscoprendo i territori vicini e le comunità locali con occhi diversi.
Infine, abbiamo specificato migranti e viaggiatori perché, avendo nel DNA la cooperazione internazionale, volevamo comunque mantenere una riflessione su quello che sono le migrazioni. Anche chi emigra fa un viaggio e questo viaggio spesso non arriva a destinazione. Le persone sono costrette a intraprendere quel viaggio non soltanto per piacere, per raggiungere luoghi esotici ma per cambiare la propria situazione economica o per colpa magari di carestie, guerre, alluvioni, questioni climatiche. Per noi è importante trattare il tema delle migrazioni in un’ottica positiva, portando ricchezza e valori alla diversità - come mettere l’idea del migrante in contrapposizione con quella del turista: il turista che arriva da tutto il mondo entra e può fare tutto quello che vuole, il migrante invece viene etichettato e trattato come il problema su ogni cosa, non viene visto come una risorsa.
XIII edizione, “Diritto di respirare”
Il tema che abbiamo scelto per la XIII edizione del festival è Diritto di respirare: un pensiero che trae ispirazione da Achille Mbembe, filosofo camerunense considerato uno dei più importanti teorici del post-colonialismo. Un concetto attuale e trasversale che parla di respiro come diritto, oltre che come bisogno. Quel respiro che manca al corpo quando malato, ma anche quando attraversa la città inquinata, rincorrendo ritmi frenetici, performando in apnea. Mbembe lo intende come “un diritto fondamentale all’esistenza, un diritto primordiale di abitare la Terra, un diritto specifico della comunità universale degli abitanti della Terra: umani e non”. E nel pieno rispetto del respiro: il tema 2021 è una riflessione sul respiro non solo come bisogno, ma come diritto. Un fluire lento e fondamentale, una presenza e un ascolto di ciò che c’è intorno e dentro di noi. Il respiro che manca dal corpo malato, il respiro che non c’è nella natura quando la si inquina. Diritto di respirare è la risposta della rete del festival all’emergenza in atto: per ricordare a tutti che esistere non è avere o possedere, ma significa semplicemente respirare.
Quali sono state le difficoltà incontrate? Quali invece gli obiettivi futuri?
La difficoltà di base ha sempre un’origine economica di sostenibilità poiché non è facile economicamente portare avanti un progetto del genere, un progetto totalmente dal basso che si mantiene attraverso bandi locali e fondi privati. Ogni tappa riporta questo specifico problema perché non è scontato che le istituzioni locali finanzino questo festival oppure che vengano trovati degli sponsor. Altra questione che spesso ci viene manifestata dai coordinatori delle tappe è il rapporto con le istituzioni locali che spesso hanno un tempo lungo per capire le potenzialità di sviluppo e di promozione del territorio che il festival con il suo progetto si fa portatore.
Come obiettivi futuri invece sicuramente acquisire nuove tappe portando avanti questo gruppo di reti, magari con la nascita di pacchetti turistici targati IT.A.CÀ all’insegna della nostra filosofia, creare reti di co-progettazione dal basso e promuovere dal Nord al Sud Italia le nostre buone pratiche di turismo responsabile. Vogliamo crescere come team e trovare oltre confine realtà disposte a collaborare con noi. Abbiamo visto che nei piccoli territori dove siamo arrivati c’è stato un minimo di cambiamento, un cambiamento di pensiero, un cambiamento nelle istituzioni che prima erano chiuse e che poi si sono aperte ai nostri temi e valori. E questo ci incoraggia a proseguire in questo incredibile viaggio.
Grazie Sonia.
Andrea Calderini
Commentaires